Giornate della laicità/2

Gianni Vattimo

Cominciamo col dire, se dovessi riassumere il tutto, che se l’essere non è “evento”, allora non ha senso parlare di fede.

Se l’essere è, se c’è un ordine metafisico della realtà, allora la fede non ha senso.

L’essere non è, ma accade. Le ragioni per dire questo sono tutte di carattere etico-politico, non teorico.

Riprendendo i ragionamenti di Heidegger – come posso parlare di me? Se per farlo devo astrarmi, e valutarmi come oggetto. L’essere dell’uomo è essere-nel-mondo, con un apporto soggettivo.

Alla base dell’esperienza del mondo c’è un “predicare l’essere degli enti”, e questo modo di organizzare il mondo non è uguale per tutti (il mondo in cui io dico “essere” dipende anche dalla mia storicità”).

Se io credessi nell’essere come struttura oggettiva… che bisogno ci sarebbe di credere? Se tutto fosse determinismo fisico… potrei comunque pensare me stesso come persona capace di scegliere liberamente? Mi viene meglio pensare il mondo come prodotto di una libertà. Io ci sto dentro, questa cristiana neotestamentaria è la mia tradizione. Non possiamo mai metterci nella condizione di soggetto puro.

Quando prego, io recito poesie che mi fanno stare bene. Non penso di parlare con Dio o la Madonna… ma non potrei vivere senza queste poesie. Forse direte che mi faccio la mia religione… ma comunque sono più tolleranete verso gli altri.

Io non posso non dirmi cristiano, se non mi dicessi cristiano… non mi direi nemmeno.

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Una visione molto “basta che funzioni” per dirla con Woody Allen, dove della fede è rimasto un utile elemento culturale, che salva quel poco di identità che ancora ci può rimanere. Che avesse ragione Napoleone… “senza fede si può stare, senza religione… mai“.

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