Okun, grazie (អរគុណ). Me l’ha insegnato la bimba dal bel sorriso all’uscita del tempio. Vichida si chiama, e mi ha insegnato anche buongiorno, di cui non ricordo più il suono. Ciao salutandosi invece suona Liihaii.
Il Tonle Sap è un gran lago. Un lago molto grande che diventa immenso coi monsoni fino a sommergere tutto facendosi oceano. La gente vive su alte palafitte, incredibile a vedersi. Poi ci sono le case galleggianti che si alzano e si spostano al variare dell’acqua. Scendiamo dalla barchetta per vedere la scuola e sostare al monastero buddhista scambiando qualche parola con una mamma con la sua bimbetta di 3 anni appresso, parla inglese. Trottole con scatole di latta.
Il nostro giovane marinaio tornando non riesce a girar la barca, ma in un modo o nell’altro riusciamo a risalire l’acqua per muoverci verso il tempio. Arriviamo in tempo per il monsone, corriamo per non bagnarci… poi scegliamo per la passeggiata-con-pioggia, molto meglio.
Prima abbiamo raggiunto il tempio di Bagon, giravo scalzo per sentire la pietra (che il tatto lo usiamo meno per capire cosa abbiamo intorno), era calda del sole del giorno e porosa come una spugna, essendoci, lì.